"E' il momento giusto per crederci"
Una consulta di amministratori locali che si riconoscono nel progetto padano-lunense nella quale discutere in documento programmatico da discutere nei diversi consigli comunali. Ecco la proposta avanzata dall’architetto Flavio Franceschi, referente per Parma dell’associazione culturale per la regione Lunezia, durante il convegno “Le prospettive di area vasta. Parma nel progetto di un asse tra Lombardia, Emilia occidentale e Tirreno” organizzato nei giorni scorsi nella sede del capoluogo emiliano dal circolo culturale Il Borgo. Un’occasione per affrontare seriamente il tema della riorganizzazione del territorio italiano e, per forza di cosa, del progetto luneziano.
Davanti ad una folta platea arrivata in via Turchi, sono stati i temi affrontati durante il dibattito. Cultura, turismo e prospettive economiche e infrastrutturale dell’area compresa tra Mantova e La Spezia prima di tutto. Un’area che vede Parma “al centro di due assi geograficamente importantissimi come la via Emilia e il collegamento tra sud Lombardia e Liguria”, ha introdotto il presidente de Il Borgo, Paolo Scarpa, ma che comunque punta a non relegare nessun territorio a ruoli secondari o periferici. Come sottolineato anche dal primo cittadino di Pontremoli, Lucia Baracchini, la quale, sollecitata dalle domande del moderatore Giuseppe Milano, giornalista di Tv Parma, ha poi aggiunto: “Il focus dal quale partire per affrontare il tema delle aree vaste è quello culturale. Da sempre la nostra città sente più appartenenza a Parma che al proprio capoluogo di provincia, dal quale è invece lontano”.
E sui legami storici tra parmense e Lunigiana si è anche concentrato Egidio Banti, sindaco di Maissana, provincia di La Spezia, con trascorsi in Senato. “Cultura, linguaggi e tradizioni comuni” rendono da sempre vicinissimi due territori formalmente disuniti, è il punto dell’analisi di Banti, il quale, citando il padre di Lunezia, Giuseppe Micheli (“Di qua e di là del monte c’è unità”), ha poi aggiunto: “I limiti attuali delle Regioni derivano dal loro disgregamento in seguito all’unità d’Italia. E il vero problema non sono le Provincie, ma le Regioni stesse. Adesso è necessario rimodulare la cartina geografica italiana con le aree vaste e puntare con forza sul territorio di Lunezia”.
Sulla stessa linea di pensiero il sindaco di Noceto, nonché vicepresidente regionale dell’Anci e da sempre in prima linea in tema di autonomie locali, Fabio Fecci. “Parlo di Lunezia dal 2007, se vogliamo combattere questo è il momento giusto. Noi non abbiamo nulla in comune con la Romagna e anche da quelle parti ci sono comitati che credono nello stesso principio: Emilia meno Romagna, se c’è un trattino di mezzo, vuol dire che esiste davvero una divisione”. Non molto tempo fa, lo stesso Fecci, il quale si dice pronto anche ad una raccolta firme, se necessario, aveva preparato un documento sulla riorganizzazione del territorio italiano prevedendo la creazione di 13 regioni, Lunezia compresa. “Una cartina senza regioni a statuto speciale e con nuovi confini”.
“La riforma delle Province è stato un gravissimo errore, perché adesso c’è il rischio che si inventano aree vaste senza conoscerne il vero ruolo. Cosa possono diventare? Province allargate con più sedi?” si chiede, con toni più pacati ma comunque convinti delle prospettive di simili progetti, il capogruppo in consiglio comunale del Pd, Nicola Dall’Olio. Capogruppo che dopo un piccolo mea culpa rivolto soprattutto al suo partito (“Le Province, così come sono oggi, hanno portato solo problemi”), spiega pragmaticamente: “Si potrebbe pensare, adesso, a ridisegnare le Regioni, creandone anche qualcuna in più. Ed è qui che si inserisce il discorso Lunezia”. Un discorso che tenga conto di infrastrutture come la Ti.Bre. ferroviaria (“Quella autostradale non andrà avanti”), dell’interporto CePim di Parma, del porto di La Spezia, dell’università emiliana, della mediopadana reggiana, solo per fare alcuni esempi, con Dall’Olio che infine ritiene opportuno guardare anche alle possibilità offerte dall’Europa grazie a bandi in grado di finanziare opere da concretizzare o migliorare sul territorio.
“Il concetto di confine è troppo protezionistico, oggi bisogna evitare tutto questo per il futuro dei nostri territori e per far viaggiare meglio le idee” dice invece Paolo Giandebiaggi, docente di Architettura all’Università di Parma, mentre ancora Franceschi conclude ricordando l’impegno messo in campo dall’associazione rappresentata nella discussione sulle aree vaste. “Microprovince, macroregioni, dipartimenti: il nome non è importante. Ciò che conta è creare un unico ente intermedio tra Stato e comuni -anche questi da rivedere-, un nuovo organismo amministrativo, a vocazione europea, che rappresenti gli interessi e le identità del territorio, senza creare periferie. Attraverso diverse iniziative, il nostro contributo è proprio quello di intervenire nel dibattito e cogliere il momento”.